L’italia è donna
La ricchezza e il benessere, la tenuta del tessuto sociale ed economico del Paese dipendono in parte decisiva dal lavoro femminile, sia in forma gratuita (lavoro di cura), sia retribuita.
Tutto il lavoro necessario per vivere deve essere riconosciuto e contabilizzato.
Il trend dell’occupazione femminile, fino alla vigilia della crisi causata dal Covid 19, decisamente positivo.
Dalla relazione presentata da Laura Sabbadini, direttrice della direzione centrale per gli studi, statistiche sociali e demografiche dell’ISTAT, all’audizione del 26 febbraio 2020 presso la Commissione XI della Camera dei Deputati, si evince che dal 1977 al 2018 il tasso di occupazione complessivo è cresciuto solo di 4,8%, ma per gli uomini è sceso di 7 punti, dal 74,6 al 67,6%, per le donne è aumentato di 16, dal 33,5 al 49,5%, e il divario è passato da 41 punti a 18. Nel 2018 il tasso di occupazione delle laureate è del 75,3%.
Nel 2019 su 9401 magistrati ordinari, 5.103 sono donne, come oltre il 50% degli iscritti all’ordine degli avvocati.
Il sorpasso è avvenuto anche all’interno del personale medico under 65, le donne sono già il 52, 72% e sotto i 40 anni sono quasi il doppio.
Anche nell’area STEM (Science, Technology, Engineering, Mathematics) sempre più numerose sono le donne che si laureano, in tempi più celeri e con voti più alti rispetto ai compagni.
Molte professioni di frontiera sono ormai appannaggio soprattutto di donne.
Secondo dati Isfol riferiti al 2017, le donne impiegate in lavori “green” con ruoli medio-alti sono il 57,8%, di contro al 35,3% degli uomini. I dati relativi all’occupazione femminile registrati nel primo trimestre 2022 rivelano trend positivi, un tasso di occupazione del 51,2%, 2,8 punti in più rispetto al marzo 2021. Lontano comunque dal 60% che la strategia di Lisbona prevedeva già per il 2010.
Anche le imprenditrici e lavoratrici autonome (l’Italia è prima in Europa per numero di lavoratrici indipendenti, 1.400.000) continuano ad attraversare una fase congiunturale molto difficile, nonostante la loro nota resilienza e gli interventi del Pnrr ancora insufficientemente incisivi.
La pandemia ha colpito in particolare le donne, peggiorato le condizioni del lavoro e della loro esistenza, aumentato enormemente il livello di lavoro di cura.
La disoccupazione, la sottoccupazione, la precarietà, il lavoro di breve durata o con poche ore, il confinamento prevalente del lavoro femminile in aree e settori in cui la cui retribuzione è irregolare, bassa, discontinua (come quelli legati alla cura, al turismo, ai servizi) o relegata nelle fasce base a causa di progressioni di carriera impossibili, sono tutte situazioni che espongono le donne a rischio di povertà per tutta la durata della vita, ma soprattutto in età anziana, e alla violenza domestica.
Il corpo femminile è inviolabile.
La violenza degli uomini contro le donne è una piaga che non si rimargina, anzi si allarga.
I femminicidi per mano di un familiare, quasi sempre un marito, un compagno, un ex, ma anche un padre, un figlio, un fratello o uno spasimante rifiutato, sono all’ordine del giorno della cronaca.
Le azioni intraprese per incrementare le misure di tutela non riescono ad essere efficaci, come pure potrebbero, per un ancora scarso coordinamento tra le strutture che dovrebbero proteggere e sostenere le donne. Incidono molto anche scelte orientate da pregiudizi e stereotipi, da sottovalutazione dei rischi, per scarsa formazione e purtroppo anche per preciso orientamento – ci riferiamo al ricorso alla PAS, sindrome di alienazione parentale, che viene adottata perfino nei luoghi dove dovrebbe essere contrastata come tribunali e le consulenze tecniche, che così producono violenza e lacerazioni anche alle figlie e figli, soprattutto se piccoli.
Riteniamo alcuni interventi prioritari per rendere l’Italia un paese a misura di donna:
- adozione di un piano straordinario per l’occupazione femminile e politiche e misure efficaci per le imprese femminili;
- interventi contro la disparità economica e nell’accesso alle risorse ed alle opportunità;
- strutturare la sicurezza sul lavoro in considerazione delle specifiche differenze tra occupazione femminile e maschile;
- dare concreta applicazione alla Convenzione ILO 190 “contrasto alle molestie, molestie sessuali e violenze sul posto di lavoro” ratificata dall’Italia ed ancora non calata nell’apparato normativo nazionale. Ciò rende la convenzione e la raccomandazione senza effetti concreti;
- garantire piena partecipazione delle donne nei luoghi delle decisioni e al governo delle istituzioni a partire da quelle pubbliche ed elettive;
- riconoscere l’indennità di caregiver;
- intervenire sulle infrastrutture sociali a sostegno alle neomamme, prevedendo spazi di socialità, scambio e relazione, anche in assenza di reti familiari e di vicinato;
- cancellare gli ostacoli di reddito e di limiti territoriali nell’accesso agli asili nido;
- prevedere un congedo di maternità obbligatorio retribuito al 100% per almeno 2 mesi prima + 6 dalla data del parto, nonché uno del padre che non sia alternativo a quello della madre e per una maggiore durata rispetto ad oggi;
- in caso di violenza maschile contro le donne, riconoscimento del pericolo che non comporti l’isolamento della vittima ma che preveda l’allontanamento del maltrattante;
- rivalutazione e valorizzazione della relazione materna: riconoscimento dei danni del maltrattamento con misure di tutela della figura materna che non prevedano l’allontanamento del minore ma che lavorino per la ricostruzione ed il riequilibrio del legame affettivo;
- modifica L.54/2006 art.1. La violenza domestica non può essere equiparata a conflittualità e la condivisione dell’affido va modulata contemperando la specificità delle cause della separazione. Porre al centro della azione legislativa la serenità della figlia/figlio minorenne, il cui sviluppo emotivo non può esistere con una bigenitorialità imposta e violenta.