Omofobia: vittima a 15 anni di un bullo ma non solo

Omofobia: un quindicenne è stato vittima di aggressioni verbali e fisiche, pestato a causa del suo orientamento sessuale.

Ho appena letto la storia del 15enne crotonese che sabato scorso è stato pestato perché gay. Quindici anni, coetaneo di mio figlio. Ho letto del dolore del padre, di chi non sa come affrontare le difficoltà che questa società meschina, xenofoba e ipocrita pone quotidianamente davanti alla vita del proprio figlio.

Le violenze a cui è stato sottoposto da molti mesi per il suo orientamento sessuale sono commesse da un bullo omofobo. Un piccolo teppista, un fascistello. Non una persona isolata, però. Una persona che si muove in un contesto non ostile.

Trovo che questa storia evidenzi l’urgenza di ripensare e rimettere al centro delle nostre vite la tenerezza, il diritto di ognuno ad essere felice. Non parlo di essere accettati – accettati da chi e in base a quale modello? – parlo del bisogno non più rinviabile di vivere in una società consapevole, libera, aperta, umana, che riconosca nell’altro, chiunque altro, un elemento costituivo della comunità.

Tuttavia, come dimostra questa vicenda e tante altre storie simili che troppo spesso restano invisibili, la realtà del Paese, e della Calabria in particolare, è ben altra. È necessario che tutti, a partire da chi ricopre cariche pubbliche, da chi riveste ruoli amministrativi, abbiano ben presente il tema della tutela dei diritti nel loro agire quotidiano e, ancor di più, nell’esercizio dell’attività istituzionale. Penso, ad esempio, al Consiglio Comunale di Crotone che ha approvato un ordine del giorno che chiede la cancellazione del DDL ZAN e che schiera la massima assise della città pitagorica su posizioni medievali ed antistoriche.

Nell’attesa che le classi dirigenti e politiche di questo nostro Paese maturino una coscienza civile della cui necessità ancora oggi non sembrano pienamente consapevoli e tornino ad essere utili ai bisogni ed ai sogni di noi cittadini, non posso far altro che schierarmi al fianco di questa famiglia nel chiedere allo Stato di tutelare questo giovane ragazzo e nel dire al bulletto di periferia: COLPISCI ANCHE ME! Facciamolo tutti, tutti coloro che continuano ad indignarsi e vivono le ingiustizie degli altri come proprie.
Spero saremo in tanti, sempre più numerosi, così da far sentire più solo il bullo fascistello e più parte della nostra comunità chi in questo momento, e chissà da quanto tempo, si sente escluso.

Non so il tuo nome ma io sono con te.

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