L’italia green

  • Una legge per il clima, consultazioni e partecipazione

    Dotarsi di una legge per il clima entro i primi 100 giorni come strumento normativo di coerenza e continuità delle politiche rispetto a obiettivi vincolanti e assicurare la produzione normativa e la sua implementazione a tutti i livelli – nazionale, regionale e locale. Elementi essenziali includono obiettivi vincolanti e finalità coerenti con gli scenari scientifici, un Comitato scientifico indipendente di controllo delle politiche, obblighi emissivi settoriali, sistema di monitoraggio e valutazione, e la costituzione di assemblee cittadine per attivare la partecipazione e garantire inclusione. Consultazione e condivisione degli obiettivi sono il presupposto per la loro realizzazione. La partecipazione attiva dei cittadini nella condivisione delle responsabilità e la proposta di soluzioni è centrale per vincere la sfida della salvaguardia del clima all’interno dei perimetri della democrazia liberale. La transizione ecologica può essere accettata unicamente a fronte di un coinvolgimento nei processi decisionali e nell’identificazioni delle possibili soluzioni.

  • Dare la priorità alladattamento climatico

    L’Italia rientra tra le aree più colpite e si surriscalda più velocemente della media globale. Negli ultimi 40 anni l’Italia ha registrato oltre 20mila morti a causa di eventi estremi, seconda solo alla Francia con il maggior numero di decessi. Guardando al futuro, l’Italia rischia di diventare invivibile con temperature estive che potrebbero aumentare fino a 6 gradi, le precipitazioni estive diminuire fino al 40% nel corso del secolo e uno stato di siccità critica continua. Senza azione, da qui al 2050 i giorni di ondate di calore possono aumentare fino al 400%. I costi diretti del cambiamento climatico in Italia rischiano di raggiungere l’8% del PIL entro fine secolo, colpendo principalmente le fasce più̀ fragili della popolazione, le infrastrutture, i terreni agricoli e il settore del turismo. L’adattamento deve diventare un investimento prioritario per evitare danni incalcolabili e nuove tragedie umane. Per questo occorre aggiornare e rendere pienamente operativo il Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici, fermo al 2017, entro i primi 6 mesi della legislatura; le politiche di adattamento devono essere integrate all’interno di tutte le politiche; rivedere l’adeguatezza del PNRR rispetto alle necessità dell’adattamento; e sviluppare un “Piano Salva Foreste” e un “Piano Salva Mari” per la protezione, il ripristino, la conservazione e la valorizzazione di questi ecosistemi.

  • Unamministrazione pubblica amica del clima.

    Senza efficacia e competenza, non si riusciranno a raggiungere gli obiettivi e a costruire la fiducia pubblica necessaria. Per questo occorre rafforzare tutti i Ministeri con nuovo personale dedicato; completare la riforma del MITE integrando industria (MISE) e infrastrutture (MIMS); e instaurare una cabina di regia per la transizione ecologica a Palazzo Chigi. Non si possono inoltre più rimandare forme minime ed uniformi sul territorio nazionale (regioni, città metropolitane e Comuni) di strutture amministrative per implementare le politiche nazionali e produrre soluzioni autonome.

  • Trasformare CDP, SACE e Invitalia in Banche per il clima per sostenere, garantire e gestire la transizione. Serve maggiore trasparenza nell’erogazione di risorse da parte delle agenzie pubbliche. Servono regole per l’esclusione del finanziamento a infrastrutture fossili, una strategia per l’uscita dagli investimenti esistenti e un piano d’azione per sostenere i finanziamenti privati ad accelerare nella transizione climatica.

  • Un piano di investimenti per il risparmio idrico, sia in ambito urbano che industriale, promuovendo il ciclo chiuso, il riuso delle acque e quindi la riduzione dell’impatto degli scarichi sui fiumi e dello sfruttamento delle acque di falda, e contro la dispersione idrica dei nostri acquedotti che perdono il 40% di acqua, circa 104 mila litri al secondo ed un piano che acceleri la realizzazione dei sistemi di depurazione considerata la condanna della corte di Giustizia europea sulla violazione della direttiva in materia di trattamento delle acque.
  • Per unEuropa verde e solidale
    • o Una politica comune sul gas basato su meccanismi di solidarietà per condividere volumi a fronte di crisi, incentrata su obiettivi comuni di risparmio, di accesso agli stoccaggi e di ottimizzazione di gasdotti e rigassificatori esistenti. L’Italia può giocare un ruolo da protagonista per la solidarietà europea. Nuove infrastrutture porterebbero invece ad un eccesso di offerta di gas, con nuove instabilità sui mercati e pesanti oneri di costo di infrastrutture non utilizzate. L’Europa non deve incentivare nuova esplorazione e produzione di gas ma favorire nuove forniture con paesi che abbiano disponibilità di gas da liberare per l’export attraverso lo sviluppo delle rinnovabili e la cattura del gas di scarto.

      o Non solo difesa del Green Deal ma renderlo più ambizioso, portando gli obiettivi 2030 del pacchetto Fit for 55 ad almeno il 50% di penetrazione di rinnovabili e al 45% di risparmio attraverso l’efficienza energetica.

      o Debito buono è debito verde. L’Unione europea stima che siano necessari 270 miliardi di euro all’anno di spesa pubblica per la transizione. Per l’Italia serviranno 30-40 miliardi l’anno. La necessità di un accordo su come finanziare la transizione all’interno della riforma del Patto di Stabilità per la transizione ecologica è fondamentale per l’Italia che ha uno spazio fiscale limitato. Il debito verde deve essere escluso dal calcolo del debito pregresso e legato a tempistiche di rientro più lunghe e specifiche per ogni paese.

      o L’Italia deve contribuire a forgiare una diplomazia del Green Deal sia per spingere le grandi economie emittrici, come Cina e India, a intraprendere transizioni più rapide di riduzione di emissioni, sia fornendo a tutti i paesi il supporto finanziario necessario alla transizione, per l’adattamento e per le perdite e i danni. Nuove catene di valore, modelli di economia circolare e partenariati per le materie prime critiche devono essere ricercati con le economie africane ed asiatiche per costruire resilienza e fiducia reciproca.

  • Una politica estera verde per una transizione globale giusta
    • o Come Stati Uniti, Regno Unito e Germania, anche l’Italia si deve dotare di un’inviata/o speciale per il clima di alto livello e di un corpo diplomatico adeguato alla sfida climatica, incluso nuovi “diplomatici climatici” sia a Roma che nelle Ambasciate più importanti.

      o La politica estera italiana dovrà dotarsi di una nuova strategia energetica in linea con gli obiettivi climatici, che sia slegata dallo sfruttamento di nuove riserve fossili e degli interessi fossili costituiti. E della prima strategia di sicurezza climatica per identificare l’esposizione dell’Italia ai rischi climatici globali.

      o Per la cooperazione internazionale e la giustizia climatica, ci impegniamo a raggiungere la quota equa per l’Italia di mobilitare almeno 4 miliardi di dollari l’anno in finanza per il clima, di cui 50% da destinare all’adattamento e alle perdite e i danni. Questo nel contesto di raggiungere entro fine legislatura la quota dello 0,7% di Aiuti Pubblici allo Sviluppo sul reddito nazionale lordo in linea con gli obiettivi dell’Unione Europea.

      o All’interno del G7 e del G20, inclusa la Presidenza italiana del G7 del 2024, ci adopereremo per una profonda riforma dell’architettura globale della finanza, per mobilitare i trilioni necessari alla transizione globale giusta, per riforme dei debiti che diano accesso a tutti ai capitali necessari alla transizione e per ripristinare più equità tra il Nord e il Sud del mondo.

      o Dobbiamo dare vita a nuovi partenariati, in particolare nel Mediterraneo, in Africa, in America Latina e nelle economie emergenti asiatiche, per un futuro prospero e resiliente slegato dallo sfruttamento fossile e incentrato sulle energie rinnovabili e nuovi modelli di sviluppo industriale e agricolo, slegati dalla deforestazione e nuovi sfruttamenti di suoli e mari, che creino valore a beneficio di tutti nel pieno rispetto dei diritti umani, ambientali e dei lavoratori.

  • Beni primari, lotta alla desertificazione
    • A livello globale le foreste coprono il 30% della superficie terrestre e, oltre a offrire cibo sicuro e riparo, esse sono essenziali per il contrasto al cambiamento climatico, e la protezione della biodiversità e delle dimore delle popolazioni indigene. I modelli di produzione e consumo europei e l’importazione di beni come soia, mais, carne, legname sono causa di deforestazione globale e pertanto l’Italia deve mirare ad una norma ambiziosa in sede europea per garantire filiere tracciabili e certificate per l’importazione dei soli prodotti a deforestazione zero.
    • L’Italia è uno dei punti caldi della crisi climatica globale e dei suoi effetti. L’estate 2022 ci ha mostrato impatti crescenti sotto forma di ondate di calore, siccità prolungate e collassi glaciali. Diversi incendi hanno già colpito i boschi italiani, minacciando la sicurezza delle comunità. Gli eventi estremi che colpiscono le foreste minacciano non solo la loro stabilità ecologica, ma soprattutto i benefici che offrono alla società, come la mitigazione climatica, il contrasto al dissesto idrogeologico, la fornitura di materiali rinnovabili, la regolazione della qualità dell’acqua e dell’aria, il benessere fisico e spirituale. Pertanto proponiamo di: Incrementare e finanziare la pianificazione forestale e la certificazione di gestione sostenibile, investire nell’adattamento delle foreste agli stress climatici e nella prevenzione dei danni alle foreste dovuti agli incendi e agli eventi climatici estremi, che riducono o interrompono i benefici che le foreste forniscono alla società, progettare il ripristino delle foreste danneggiate; formare professionisti e tecnici sulle misure da attuare; lottare contro l’erosione e il dissesto idrogeologico nei bacini idrografici forestali e tutelare le foreste che proteggono e alimentano le risorse idriche; dare attuazione al collegato ambientale del 2015 e avviare forme di remunerazione economica per i servizi ecosistemici di regolazione delle foreste. Promuovere la connettività ecologica e funzionale dei paesaggi agrari e forestali a scala nazionale; rilanciare la dignità degli operatori forestali per la cura del territorio. Supportare l’impianto e la cura degli alberi nelle aree urbane (non solo città metropolitane); riattivare la filiera nazionale del legno per diminuire la dipendenza dalle importazioni e evitare di delocalizzare impatti negativi sulle foreste di altri Paesi; sostenere filiere produttive ad elevato valore aggiunto nel settore della bioeconomia forestale (tessili, medicinali, chimiche); incentivare l’impiego di legno locale e l’uso “a cascata” del legno, privilegiando gli impieghi a lunga durata come quelli nel settore edilizio e strutturale.

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